Sono i ponti che fanno Venezia, non solo le isole.
La comunicazione per la salute secondo Eva Benelli
Eva Benelli, giornalista di Zadig e responsabile del sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità, ha tratteggiato per noi alcuni elementi di una disciplina che va strutturandosi come la comunicazione per la salute, dipingendo con esperienza e professionalità un interessante quadro d’insieme a partire dal suo punto di osservazione (e azione) privilegiato. Approfittando della sua presenza in qualità di relatrice nell’ambito del corso “Comunicazione nei programmi di screening” (Roma, febbraio 2012), abbiamo avuto l’occasione di scambiare con lei alcune opinioni su strategie e tecniche della comunicazione, ma anche su concetti quali ascolto, relazione, integrazione. Di seguito una breve sintesi dei temi trattati.
I professionisti della comunicazione per la salute, secondo Lei, ascoltano abbastanza i propri interlocutori?
<< Nella mia esperienza professionale posso affermare che mi sono sempre impegnata a dialogare con i miei interlocutori, coinvolgendoli il più possibile, pur se a volte con grande fatica. Anzi, in effetti considero questo un aspetto imprescindibile per chi vuole comunicare sui temi di salute. Certo mi rendo conto che è diverso pensare al realizzarsi di questa pratica nell’ambito delle istituzioni: testimonianze dirette mi confermano che, fatte salve alcune eccezioni, vi è scarso raccordo con le esigenze, i significati, le competenze dei destinatari della comunicazione. Questo si esplicita nella difficoltà di costruire una comunicazione (e una relazione) che funziona, che sia utile, accettata, interattiva, comprensibile.
Il rischio è di ingessarsi troppo sulle competenze e sulle certezze acquisite, in un processo autoreferenziale che non facilita certo l’ascolto.
Le persone, tuttavia, sono sempre meno disposte a tollerare un atteggiamento di “non comunicazione” da parte delle istituzioni, a essere considerate soggetti passivi. Ormai anche decisioni rilevanti (comprese quelle relative a dove destinare le risorse per la ricerca) sono prese in modo compartecipato, coinvolgendo una pluralità di interlocutori. Quando si parla di prevenzione, di stili di vita, di scelte e comportamenti, i soggetti che intervengono nelle decisioni e nell’attribuzione di significati sono molteplici: istituzioni, media, medici, cittadini stessi, associazioni, solo per citarne alcuni. Così se ti occupi di comunicazione in questo settore, devi acquisire la consapevolezza dell’importanza delle relazioni. Provo a spiegarmi meglio con una metafora: per fare di Venezia quello che è, è stato necessario costruire i ponti, non pensare solo in termini di singole isole. I ponti sono le varie forme di comunicazione pubblica, le interconnessioni che danno valore e forza all’arcipelago degli attori sociali.
E il tema può essere affrontato anche con il taglio delle disuguaglianze: se non sai ascoltare e recepire specifiche esigenze, come ad esempio quelle degli immigrati, come puoi comunicare salvaguardando principi come quello fondamentale di un sistema sanitario pubblico, solidale e universalistico?>>
E’ sufficiente la comunicazione per indurre il cambiamento dei comportamenti?
<< Per rispondere occorre in primo luogo intendersi su cosa è la comunicazione. Se la consideriamo semplice “trasferimento di informazioni”, è chiaro che non è elemento sufficiente per sostenere il cambiamento di stili di vita a rischio, come fumare, bere alcolici in eccesso, assumere cibi e bevande troppo caloriche. Se invece la definiamo in modo più completo e articolato come “costruzione di relazioni”, ha maggiori chance di portare ad una riflessione sulle azioni individuali. È una partita aperta: la comunicazione che si sviluppa nell’humus del feedback, si protrae nel tempo e si porta dietro la relazione, può darsi che incida con maggior forza sugli elementi culturali che soggiacciono a uno stile vita>>.
Individua differenze tra la comunicazione a sostegno della prevenzione primaria e di quella secondaria (screening)?
<< Se ci sono, non sono rinvenibili nei concetti generali, richiamati anche in precedenza, ma forse negli strumenti e nelle tecniche che si adottano per il raggiungimento degli obiettivi. Naturalmente parlare di salute, intesa come valore che va oltre la sanità, presuppone un processo continuo, in costante evoluzione. Si può pensare che sia più semplice misurarsi con gli obiettivi generali e di comunicazione di un evento “acuto”, ma l’approccio deve comunque rimanere serio, professionale, qualificato. Sempre uno spazio per la valutazione dei risultati conseguiti. >>
Il Sistema sanitario, in particolare nel settore della promozione della salute, deve migliorare sulle tecniche della comunicazione o sulla sua percezione quale elemento strategico?
<< Sono da sempre convinta che il Servizio Sanitario Nazionale nel suo complesso si racconti poco, sia per quanto riguarda le informazioni di base (chi è il medico di medicina generale e cosa fa, ad esempio), sia rispetto ai suoi presupposti e concetti fondanti. Questo per motivi storici e culturali che si stanno solo lentamente superando. Forse proprio la comunicazione che riguarda la prevenzione e gli stili di vita fa da traino a un “cambiamento culturale” in questo contesto: l’impatto delle malattie croniche, anche in termini di risorse necessarie al trattamento delle persone che ne sono colpite, si è portato dietro conseguenze evidenti nella ridefinizione di un nuovo “patto per la salute”, che la comunicazione sta aiutando a rimodellare e condividere. Poi le tecniche ci sono, le professionalità si vanno diffondendo: non è qui l’elemento di debolezza. >>
Ritiene stia migliorando l’integrazione tra i diversi attori del “mondo della salute” (sanità, ambiente, trasporti, cultura, ecc) nel campo della comunicazione?
<< A mio avviso mancano ancora elementi di sistema che aiutino a creare convergenza su obiettivi comuni di salute, e poi sulla comunicazione. Ancora è lontano dal realizzarsi il concetto della “salute in tutte le politiche”, auspicabile ma impalpabile, al momento, nei risultati generati. Considerando poi il solo elemento relazionale, ciò comporta che devi essere pronto a capire e accettare le esigenze e i significati degli altri settori della società con i quali ti prefiggi di collaborare. Mi sento di dire che, almeno in Italia, fatte salve forse sporadiche esperienze, non si sia ancora riusciti ad applicare un approccio così strutturato e condiviso. >>
Social media e comunicazione per la salute: a che punto siamo?
<< La rivista “Science” nel 2011 ha sottolineato come la capacità di realizzare una comunicazione bidirezionale su web aumenta ogni anno del 28%, mentre la comunicazione unidirezionale, come quella su tv e radio, solo del 6%. Il fenomeno della crescita della comunicazione online, del Web 2.0, al di là delle statistiche, è evidente e sotto gli occhi di tutti. Da Wikipedia in giù, ciascuno può dire la sua, tutti hanno acquisito pieno titolo di parola, con conseguenze inevitabili sul valore delle fonti e sulle certezze dei contenuti. Un cambiamento è veloce e irreversibile. C’è da considerare comunque che nessun nuovo media ha “sterminato” i precedenti, c’è un riadattamento continuo e ancora non è sparita la televisione, la radio e neppure l’editoria, pur con le sofferenze che incontra.
Se devo essere sincera, a volte i più comuni social media mi ricordano la dimensione ludica dello “struscio” in piazza, ma semplicemente perché così nascono, perché in essi fin dall’origine è stato centrale l’aspetto social.
Come possano essere utilizzati, valorizzati nell’ambito delle iniziative di comunicazione per la salute? Mi rimane qualche perplessità, non tanto sul macrofenomeno, quanto sulle continue mode che genera. Non abbiamo ancora superato del tutto certi balbettamenti nella comunicazione pubblica sui media tradizionali o sul web, quindi non sono certa che si sia trovata ancora una chiave interpretativa nel web 2.0, una certa chiarezza nell’approccio, sempre fatte salve le possibili eccezioni. Vedo ad esempio twitter come uno strumento molto utile per contribuire alla gestione delle emergenze, ma ancora non ne ho apprezzato pienamente la forza nel nostro ambito di competenza.
Certo i filtri che le istituzioni mettono all’accesso dai computer aziendali ai più comuni SN non aiutano a comprendere meglio il fenomeno e a trarne elementi di forza. Inoltre, il tema può essere visto in termini di risorse: considerandone le caratteristiche, occorre una redazione che presidi, intervenga, aggiorni costantemente pagine e contenuti. In sintesi, una redazione ad hoc che conosca e capisca, per non approcciarsi alla comunicazione nel mondo dei social per hobby, ma in modo strategico e professionale, avendo alle spalle precise responsabilità istituzionali>>.