
Roberto La Pira, Direttore de ilfattoalimentare.it, intervistato da Marta Pirrello e Lucia Valentini – Marketing Sociale APS
Marta Pirrello: Buonasera, quali sono le bufale più diffuse nel mondo alimentare?
Roberto La Pira: Dunque, la bufala che ritengo la massima è quella del pomodoro cinese utilizzato in Italia. La legge italiana prevede che le passate dei pomodori, i pelati, tutti i prodotti a base di pomodoro devono essere fatti con pomodoro fresco. Questo lo dice la legge italiana.
Ma nel mito popolare, nella conoscenza generale c’è la convinzione che il concentrato di pomodoro cinese venga importato in Italia e finisca poi nei nostri prodotti, per cui noi, anziché mangiare il pomodoro napoletano oppure il pomodoro fatto nella Pianura Padana – Cirio, per esempio, Mutti e altri – si è convinti che queste aziende possono utilizzare concentrati di pomodoro cinese.
Questo è avvenuto perché ci son state delle trasmissioni assolutamente assurde, questo è avvenuto perché c’è una falsa comunicazione, c’è un errore di fondo e c’è qualcuno che spinge volendo accusare il pomodoro cinese di essere presente nei prodotti italiani. La verità è molto semplice: noi siamo il secondo/terzo produttore di pomodori italiani del mondo e anche come esportatori.
Il concentrato di pomodoro cinese viene effettivamente importato in Italia, ma viene utilizzato da alcune aziende che poi lo inscatolano e lo rivendono ai paesi dell’Africa o del Terzo Mondo con su scritto “Made in Italy”, perché lo permette la legge. Ma queste scatolette qui che hanno dei marchi strani che non conosciamo non finiscono sul territorio italiano, quindi il pomodoro cinese è una pura favola, nel senso che c’è un passaggio ma che non riguarda assolutamente i consumatori italiani.
L’altra bufala che viene un po’ diffusa negli anni passati è quella del grano con il glifosato. Noi italiani, per fare la pasta migliore del mondo, importiamo da anni – dal Canada, dalla Francia, dagli Stati Uniti – del grano che è migliore di quello italiano perché lo paghiamo anche di più, perché il nostro grano non è di una buona qualità. Abbiamo bisogno di grano importato – parlo del 20/30% – per fare della pasta che è la migliore del mondo, che tiene bene la cottura, che è fatta con un buon mix.
Bene, 2-3 anni fa è iniziata questa favola del glifosato utilizzato in Canada, per cui il nostro grano veniva importato e conteneva glifosato, che è un’anti-parassitario ed è un po’ tossico.
Bene, questa cosa qui non è assolutamente vera, nel senso che i controlli che hanno fatto gli Organismi di Controllo italiani non hanno mai trovato livelli di glifosato, però è una favola che funziona talmente bene per cui tutti sono convinti che il grano importato, anziché essere la migliore qualità perché viene pagato anche di più, è quello che contiene glifosato, per cui noi da un anno circa non importiamo più grano dal Canada, abbiamo invertito le importazioni da altri paesi.
L’ultima cosa è quella del vino senza alcol. La Comunità Europea ha varato una norma per cui si può confezionare il vino senza alcol. Qual è la bufala che è stata diffusa ai consumatori? Che adesso il vino viene annacquato, viene venuto come vino annacquato, come vino buono. In realtà il vino senza alcol è un prodotto che è stato fatto e concepito per togliere l’alcol con dei processi industriali dal vino e venderlo ai paesi mussulmani di religione mussulmana dove non si può bere il vino con l’alcol, dove non si possono bere alcolici.
Questi sono tre esempi di bufale molto generali che viaggiano tra i consumatori italiani.
Lucia Valentini: Quindi secondo lei quali sono le bugie che la pubblicità inventa per vendere i prodotti?
Roberto La Pira: La pubblicità per definizione dovrebbe essere onesta, veritiera e corretta come dice l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria e anche la legge italiana. Di fatto tendenzialmente tende un po’ ad ingannare più o meno, a falsare un po’ la realtà, ad adattare alle proprie esigenze di vendita, di marketing.
Io ho estrapolato tre elementi che sono un po’ importanti, categorie, perché dire questo prodotto, ogni anno vengono condannate decine di pubblicità scorrette sugli alimenti.
Le tre categorie che ho voluto considerare sono l’acqua minerale.
Tempo fa c’era tutta una gara sui giornali dicendo “La mia acqua minerale è più leggera e contiene meno sodio delle altre” con delle belle tabelle comparative. Ora, il fatto che l’acqua sia leggera e contiene pochi sali minerali non importa a nessuno, non è un elemento di sanità, di salubrità. È solo un elemento perché nel mito de consumatori si è convinti che l’acqua leggera sia più buona, non faccia venire i calcoli e queste cose qui, ma non è assolutamente vero. Anche perché – considerando i sali minerali che sono presenti in un’acqua leggera, in un’acqua normale, rispetto a quelli che assumiamo con l’alimentazione – son talmente pochi, influiscono talmente poco sulla dieta da essere ridicoli. Per cui la differenza tra un’acqua minerale leggera e un’acqua minerale meno leggera è veramente inutile, è solo un gioco di marketing.
L’altra cosa che volevo evidenziare era la parola “naturale” che ormai tutti i pubblicitari utilizzano, insieme ad altre parole come “sostenibilità”. Siccome non è regolamentata da nulla, la parola “naturale” la usano tutti a piacimento ma naturale è tutto. Cos’è che non è naturale in un alimento? L’arsenico è naturale voglio dire; le aflatossine, le micotossine son tutti prodotti naturali; i microbi son naturali per cui c’è questo utilizzo della parola “naturale” che veramente è abusato, per cui tutti tendono a mettere il “naturale” laddove non c’è bisogno, proprio per enfatizzare un effetto naturale che piace molto alla gente anche se non ci sono dei presupposti veri. C’è un abuso della parola “naturale” in questa comunicazione pubblicitaria.
L’ultima cosa che volevo trattare erano gli integratori alimentari. Io ho visto numeri di integratori alimentari che fanno paura: tutti usano degli integratori alimentari, meno farmaci ma più integratori alimentari. Quelli che si occupano delle diete particolarmente sono particolarmente insidiosi, perché tendono a sottolineare come l’utilizzo di un integratore alimentare possa in qualche modo influire e favorire il dimagrimento, favorire la dieta. In realtà dimagrire costa fatica perché ci sono delle diete più o meno rigide ma comunque noiose, invece la promessa di un integratore che vi fa perdere chili è sempre facile, basta una pillola, basta una bustina, basta 4-5 cc di soluzione che vi aiuta a dimagrire. Non è assolutamente vero, però è un mito che gli integratori alimentari aiutino la gente a dimagrire e queste qui sono tre categorie.
Per approfondire: