
Eligio Malusà, Ricercatore del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell Economia Agraria), intervistato da Chiara Peli e Brigit Sanchez “Marketing Sociale APS”.
Brigit Sanchez: Sono sufficienti l’agricoltura e la zootecnia intensiva per sfamare il mondo?
Eligio Malusà: La risposta alla domanda e’ chiaramente no, considerando il trend dei dati raccolti dalla FAO sulla fame nel mondo negli ultimi ventanni dove in paesi del Sud America e dell’Estremo Oriente la situazione si e’ aggravata.
Ma la questione deve essere posta in altri termini, considerando il problema a livello dell’intero sistema agro-alimentare. Il sistema di tipo intensivo o industrializzato che e’ attualmente dominante è insostenibile anche perche’ ha un impatto negativo sull’ambiente e non è stato in grado di migliorare le condizioni economiche di gran parte degli agricoltori.
Inoltre, il sistema agro-alimentare industrializzato causa enormi sprechi di cibo: nei Paesi occidentali circa un terzo del cibo prodotto viene buttato per varie ragioni.
Quindi, non e’ necessario produrre di più per poter sfamare tutti, ma bisogna produrre meglio, con maggiore efficienza e minore impatto ambientale, adottando diete più salutari e soprattutto favorire la ridistribuzione del cibo. Uno studio pubblicato su The Lancet, ha evidenziato che se reindirizzassimo le diete e i sistemi produttivi in questo senso, già adesso ci sarebbe cibo sufficiente per sfamare oltre 10 miliardi di persone, riducendo anche di oltre il 20% (11 milioni di vite all’anno) il numero di morti per malattie legate a disordini alimentari.
Chiara Peli: Quali sono i vantaggi della agro-zootecnia biologica? E gli svantaggi?
Eligio Malusà: Nelle colture di pieno campo (es. cereali), sistemi agricoli diversificati – compresi quelli biologici – è stato dimostrato possibile sia aumentare la produzione che migliorare la fornitura di servizi ecosistemici che spesso si considerano scontati: come la fertilità del suolo, l’impollinazione e il controllo dei parassiti delle colture con i loro antagonisti naturali. Ma e’ chiaro che i sistemi attuali hanno prodotto una riduzione della fertilita’ del suolo (senza il quale non si fa agricoltura) e anche delle popolazioni di insetti impollinatori (senza i quali si perde il 25% del PIL mondiale).
Tra gli altri vantaggi dell’agricoltura bio e’ la qualità generalmente migliore dei prodotti per il maggior contenuto in vitamine, carotenoidi e sostanze antiossidanti (frutta, verdura e cereali) e in acidi grassi benefici (latte e carne), e per il minor contenuto in cadmio, residui di pesticidi e micotossine (cereali). Al contrario, i prodotti convenzionali sono risultati in genere migliori per il contenuto in proteine e amminoacidi (frutta, verdura e cereali) e in iodio e selenio (latte).
Dal punto di vista della salute, e’ stato visto come bastino soli 6 giorni dal passaggio da dieta convenzionale a biologica per ridurre la concentrazione urinaria di pesticidi e loro metaboliti tra il 37 e il 95%. La gestione biologica dei terreni agricoli ha anche effetti positivi indiretti sulla salute, ad esempio aumentando la diversità dei microrganismi del suolo. Questo è un bell’esempio del cosiddetto approccio “One Health”, cioè di come la salute ambientale, animale ed umana siano strettamente interconnesse.
La questione fondamentale e’ comunque che l’agricoltura bio e’ tecnicamente complessa e quindi richiede conoscenza approfondite da parte dei tecnici e agricoltori, che devono adattare i principi cardine alle condizioni specifiche delle colture o animali presso le loro aziende.
LINK di APPROFONDIMENTO:
- Willet et al. 2019 DOI: https://doi.org/10.1016/S0140-6736(18)31788-4
- Muller et al. 2017: https://doi.org/10.1038/s41467-017-01410-w
- Ponisio et al. DOI: 10.1098/rspb.2014.1396
- Tamburini et al. 2020 DOI: 10.1126/sciadv.aba1715
- Brantsaeter et al 2017 https://doi.org/10.1146/annurev-publhealth-031816-044437
- Hyland et al. 2019 https://doi.org/10.1016/j.envres.2019.01.024